
Genere: Fantasy, Sperimentale Regia: Samuele Sestieri, Olmo Amato Cast: Samuele Sestieri, Olmo Amato, Freya Roberts, Bengt Roberts Durata: 67 min. Anno: 2015
Una bambina, durante un viaggio in macchina con due adulti, si addormenta sul sedile posteriore e sogna: un mondo magico e fiabesco ai confini del mondo, dove un cyborg-monaco-meccanico che sembra uscito da Star Wars insegue un omino rosso fra deserti, boschi e laghi. I due vagano senza una meta precisa. Ad un certo punto incontreranno un orso di peluche ferito e cercheranno di salvarlo.
Quaranta giorni di riprese fatte quasi per gioco negli splendidi paesaggi della Finlandia e della Norvegia, due strani personaggi muti, o quasi, e un orsacchiotto di pezza. Questi sono gli ingredienti de I Racconti dell’Orso, bizzarro esordio di Samuele Sestieri e Olmo Amato in concorso al 33° Torino Film Festival, i quali mettono in scena un’affascinate fiaba postmoderna. Una vera e propria sfida, quella per i due giovani registi, che hanno girato un film in due persone (Sestieri e Amato interpretano anche, rispettivamente, il cyborg e la tutina rossa). Oltre all’interessante spunto di partenza, I Racconti dell’Orso trae gran parte della sua potenza ed efficacia visiva dagli scorci affascinanti e desolati che si amalgamano perfettamente con i due bizzarri personaggi, immagini davvero potenti che rimangono ben impresse nella mente. I Racconti dell’orso, diviso in 7 capitoli (in coerenza col titolo) è un’opera sgangherata ma vivacissima, malinconica, un insolito esperimento per il panorama cinematografico italiano, trattandosi, sostanzialmente, di una fiaba. Da un film del genere, che vive di suggestioni, pretendere un intreccio articolato sarebbe sbagliato. I Racconti dell’Orso ricorda per le oniriche atmosfere e la singolarità dei due protagonisti Finisterrae, film spagnolo del 2010 diretto da Sergio Caballero, incentrato sul pellegrinaggio di due fantasmi verso Santiago de Compostela.
I Racconti dell’Orso è un film che rimane, sedimenta nell’inconscio e pian piano cresce col tempo. Davanti a un’idea così originale, lo spettatore non può infatti restare indifferente e poco interessa che il film non abbia quasi una sceneggiatura. Quello che conta, in questo caso, è ciò che ti lascia dentro.
★★★½
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Nicolò Barison

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