”L’arte si accompagna sempre a una sofferenza. È un tormento e nello stesso tempo una gioia. Si passa, molto velocemente e intensamente, da momenti di gioia ed esaltazione a momenti di depressione e di dubbio, continuamente.” (Francesco Rosi)
Dopo la scomparsa prematura del cantautore Pino Daniele, Napoli e l’Italia intera perdono un altro grande artista: Francesco Rosi. Il regista e sceneggiatore è nato a Napoli il 15 novembre del 1922. A seguito degli studi in Giurisprudenza e varie collaborazioni teatrali, approda al cinema negli anni cinquanta collaborando con il regista milanese Luchino Visconti. Assistendolo alla regia con La terra trema (1948) e Senso (1953), e scrivendo la sceneggiatura di Bellissima (1951). Nel 1956 co-dirige con Vittorio Gassman Kean – Genio e sregolatezza, il suo primo film da regista. Dopo qualche anno dirige i suoi capolavori: Salvatore Giuliano (1962) e Le mani sulla città – manifesto del cinema politico– (1963). Due opere-inchiesta. Una sul bandito omonimo, l’altra sulla corruzione edilizia. Molti i premi vinti per questi film. Per il primo l’Orso d’argento per il miglior regista al Festival di Berlino. Per il secondo conquista il Leone d’Oro al Festival di Venezia. Negli anni settanta è prolifica la collaborazione con l’attore e amico Gian Maria Volontè in Uomini contro (1970), Il caso Mattei – Palma d’oro al Festival di Cannes– (1972), Lucky Luciano (1973), Cristo si è fermato a Eboli (1973). Il suo ultimo film è La tregua (1997) con John Turturro nei panni dello scrittore Primo Levi. Il quale è basato sul romanzo omonimo di quest’ultimo. Non è l’unico soggetto non originale firmato da Rosi: Tre fratelli (1981) è basato su Il terzo figlio di Andrej Platonovič Platonov, mentre Cronaca di una morte annunciata sull’omonimo romanzo di Gabriel García Márquez. Ha vinto dieci David di Donatello, tre Nastri d’argento e tanti altri premi. Tra cui due alla carriera: al Festival di Berlino (2008) e al Festival di Venezia (2012). L’eredità che il regista lascia è encomiabile: all’amore e interesse per la realtà sapeva unire un’abilità nel racconto non comune. Un’artista maestoso.
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Maria Chiara Ronza

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