
Genere: Drammatico, Fantastico Regia: Gabriele Mainetti Cast: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei Durata: 112 min. Anno: 2015
Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) è un ladruncolo della periferia romana che, in seguito ad una fuga dalla polizia, entra accidentalmente in contatto con delle sostanze radioattive contenute in alcuni bidoni nascosti nelle acque del Tevere, sotto Ponte Sant’Angelo. Da quel momento acquisisce una forza e una resistenza fuori dal comune. Enzo sfrutta i nuovi poteri per far decollare la sua carriera di delinquente, ma tutto cambia quando conosce Alessia, ragazza dolce ed indifesa convinta che lui sia l’eroe del cartone animato giapponese Jeeg Robot.
Il film italiano che non ti aspetti. Lo chiamavano Jeeg Robot è il curioso esperimento di Gabriele Mainetti, che dopo una serie di cortometraggi, ha deciso di passare al lungometraggio con una storia (strano da dirsi per il panorama cinematografico italiano) di supereroi. Novità sì, ma non assoluta, se si considera che Gabriele Salvatores nel 2014 aveva già provato a narrare le gesta di un piccolo supereroe con Il ragazzo invisibile. Film a conti fatti completamente diversi tra loro. Il ragazzo invisibile era una pellicola buonista e per tutta la famiglia, mentre l’opera di Mainetti è tutt’altra cosa. Violento e nichilista, Lo chiamavano Jeeg Robot è una geniale commistione di generi che cela anche un sottotesto sociale. Perché, a ben vedere, siamo nella periferia romana disagiata di Claudio Caligari, dove la vita è maledettamente difficile. Esistenze ai margini della società, persone invisibili che si aggirano fra macerie angoscianti e palazzoni fatiscenti. In questo quadro si inseriscono i due protagonisti, l’antieroe di Claudio Santamaria e la sua nemesi, lo Zingaro, interpretato da un magistrale Luca Marinelli (il cui paragone con Gian Maria Volontè sembra sempre meno una bestemmia). Anime perdute e ferite che cercano di riscattare una grigia esistenza passata nell’ombra. I superpoteri ricevuti sono un dono di difficile gestione, quasi come se essi rappresentassero il passaggio alla maturità e portassero alla consapevolezza di quello che è stato un tormentato passato difficile da dimenticare.
Breve parentesi sulle vicissitudini produttive. Lo chiamavano Jeeg Robot, con un budget di circa 1.700.000 euro è stato finanziato quasi interamente dallo stesso regista con la sua casa di produzione Goon Films. Ciò dimostra quanto operazioni così originali e innovative, al posto che essere supportate e spinte, siano viste con titubanza nel nostro Paese. Nonostante la piccola produzione, gli effetti speciali sono di buon livello e anche parecchio spassosi (su tutti la scena in cui Santamaria piega un termosifone come fosse una fisarmonica).
Lo chiamavano Jeeg Robot è un film anomalo e coraggioso che mischia le storie dei supereroi con la realtà di periferia, mostrando un affresco pulp fatto col cuore in grado di portare una sincera ventata di novità per il cinema italiano, il quale ristagna ormai da troppo tempo in schemi e formulette che hanno stancato. La reazione che suscita Lo chiamavano Jeeg Robot è una sola: amore a prima vista.
★★★★
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Nicolò Barison

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